Raymond Queneau ESERCIZI DI STILE (1947)


Raymond Queneau
ESERCIZI DI STILE (1947)
traduzione di Umberto Eco


Perciò la cosa, è solo una parte quello che davvero succede e il resto è chi guarda, il resto è prosa. Non si può scindere stile e pensiero, e qui pensiero è il garbuglio di fatti mancati e non che c’assediano ci formano e ci portano a scappare. Il maldestro, che nella traduzione è reso come un coatto sottoproletario fumato, prima di arrivare al nocciolo della questione si perderà nei «Perché cazzo, scusate compagni, io non sono abituato a intervenire in situazioni politiche di un certo tipo. Cioè, cazzo, a me non mi hanno fatto studiare perché cazzo la scuola, cioè, è solo dei ricchi», il reazionario dirà «Naturalmente l’autobus era pieno e il bigliettario sgradevole. L’origine va cercata come è ovvio nella giornata di otto ore», il firmatario di una lettera ufficiale tenterà invece di rendersi più invisibile possibile per «informare la S.V. dei fatti sotto esposti di cui ho potuto essere testimone tanto imparziale quanto orripilato». Si può certo imitare i lineamenti di un volto, si può altresì imitare uno stile di pensiero. Camuffarsi 99 volte, succede questo negli Esercizi di stile di Queneau. Un bottone, una certa tendenza a sentirsi perseguitati e qualcuno che riporta per iscritto ciò. Il fatto è oltretutto semplice a dirsi: un tizio su un autobus viene continuamente urtato, finché va via stizzito. Tornerà ad esser visto a sera fatta, in compagnia di un amico che gli fa vedere che dovrebbe mettere un bottone ai suoi pantaloni.

Questo raccontino viene riproposto decine di volte, mettendo alla prova quasi tutte le figure retoriche «curiosamente mancano le sineddoche, la metonimia, l’ossimoro, lo zeugma» fra le altre, ma Queneau non ha riportato la storia solo in comici effetti retorici, anzi pare il lavoro non abbia alcun piano «non sono né in ordine alfabetico, né in ordine di complessità crescente». Pare l’idea sia venuta ascoltando delle variazioni sinfoniche «Ora, come c’insegna Jakobson, la variazione musicale è un fenomeno sintattico che - all’interno del proprio co-testo - crea attese e pronostici, ricordi e rinvii» ma perché se una delle varie variazioni è un verso alessandrino, tipico della poesia classica francese di cui l’autore originario sarà imbevuto, sforzarsi di tradurla restando fedeli alla sua forma poco presente nella tradizione italiana e non parodiare invece la canzone leopardiana? L’edizione Einaudi è impreziosita dal testo a fronte, originale e suoi derivati (poiché almeno la variazione del racconto, Homéotéleutes, è stata rinnovata nella sua forma tradotta ben due volte, senza con questo sentire di tradire il testo). In circostanza, a detta di U. Eco che ha tradotto il testo, «Fedeltà significava capire le regole del gioco, rispettarle,e  poi giocare una nuova partita con lo stesso numero di mosse».

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