Claudio Lévi-Strauss MITO E SIGNIFICATO (1978)


Claudio Lévi-Strauss
MITO E SIGNIFICATO (1978)


Ti capisco Strauss «dimentico ciò che ho scritto praticamente appena ho terminato» anch’io. «Credo però che questo fenomeno abbia un significato: io, cioè, non ho la sensazione di scrivere personalmente i miei libri», dice Strauss ricordando accidentalmente, un passaggio dell’autointervista che C. Bene rilasciò per celebrare il suo poema ‘l mal de fiori in cui «si fa sempre più solare il fatto che laddove il tutto possa sembrare una eruzione vulcanica, è invece somma-sottrattiva che, mediante le più svariate soluzioni chimico-linguistiche, via via si svuota» Nessuno è autore, e il testo scritto in realtà ci scrive, ci usa per prendere forma.
«Non ho mai avuto, e non ho tuttora, la percezione della mia identità personale. Vedo me stesso come il luogo in cui qualcosa accade, ma non c’è nessun io né alcun me». Si confessa durante cinque conversazioni radiofoniche Lévi-Strauss, trascritte in poche paginette senza troppe pretese ma dense di spunti di riflessioni: «da quando ero bambino sono stato ossessionato, diciamo, dall’irrazionale, e ho cercato di trovare un ordine dietro a quello che ci appare come disordine. Così è successo che sono diventato un antropologo» al fine di «uscire dall’ambito della filosofia». Legge fedelmente ogni mese Scientific American «anche se non capisco tutto» dice e ne trae che oggi «l’intero problema del rapporto fra l’esperienza e la mente sembra avere una soluzione nella struttura del sistema nervoso, non nella struttura della mente o nell’esperienza» facendo saltare il banco fra l’idea di tabula rasa presente in ogni nascituro e l’innatismo, proposto già in Platone, per giustificare la capacità di cogliere le forme di «linea, di cerco, di triangolo» . Riassume la pratica dello strutturalismo nella capacità di «cogliere la struttura invariante di un insieme assai complesso di codici». Scorge in quello che in francese viene detto la thème de la renunciation à l’amour in L’anello del Nibelungo di Wagner un tema, «un tema musicale anziché mitologico - che appare in tre momenti diversi di una lunga storia», certo purché tema sia in qualche modo sinonimo di sviluppo narrativo non può trovarsi in musica qualunque ma solo in quella «musica genericamente intesa quella che rivelò la funzione tradizionale della mitologia» ovvero quella «che comparse nella civiltà occidentale nel primo Seicento con Frescobaldi e nel primo Settecento con Bach» e che è tramontata con l’avvento del serialismo (questo almeno a detta di Lévi-Strauss, quanto me non credo tutte le opere seriali siano inevitabilmente anti-narrative, fatto salvo i casi più estremi come Polyphonie X di Boulez).
Partendo da una metafora su cosa sia il senso all’interno dell’ambito linguistico definisce che «la parola significare sta a indicare la possibilità che dei dati di qualsiasi genere hanno di venir tradotti in un’altra lingua. Per altra lingua non intendo il francese o il tedesco, bensì parole diverse ad un diverso livello… il significato di una parola in parole differenti le quali, in un piano leggermente diverse, sono isomorfe alla parola o alla espressione che vogliamo capire» perché la traduzione abbia sviluppo e termine deve sottostare a delle regole, e qui  «regole e significato è la stessa cosa». Insomma, il senso è ciò che resta quando qualcosa si confronta con un’altra ad essa molto simile.
« La mitologia è statica» mentre la storia è aperta. È possibile quindi trovare la chiave per la lettura di un mito comparandolo, idee che Lévi-Strauss iniziò a carezzare studiando i matrimoni e le loro capricciose e variabili regole che ogni cultura impone «non si trattava di fenomeni completamente assurdi, altrimenti non sarebbero ricomparsi con regolarità». La mitologia presenta delle regolarità al di là del luogo che l’ha generata.
I primitivi ovvero i popoli «privi di scrittura» sono state inizialmente interpretati in due modi sbagliati. Si è ritenuto che la forma di pensiero di questi fosse più rozza, vedi Malinowski, «interamente condizionata dai bisogni primari dell’esistenza». L’altra fallacia invece è attribuita a Lévi-Bruhl che vedeva nel loro mondo la «diversità rispetto al nostro» come se quello dei primitivi fosse «completamente dominato dalle emozioni e dalla rappresentazioni mistiche». Lévi-Strauss  ha dimostrato invece che sono capacissimi di «pensiero disinteressato, siano cioè mossi dal bisogno o dal desiderio di capire il mondo intorno a loro, la natura e la società». Certo, la scienza porta ad un controllo della natura mentre il mito no, ma anche il mito si sforza di trovare un ordine fra gli eventi, anzi il  «pensiero mitico: mima il pensiero concettuale». Strauss allora narra di un mito del Canada in cui, in un’epoca anteriore all’avvento dell’uomo, un pesce-razza andò a litigare col vento del Sud prendendo in ostaggio. Il motivo del contenzioso era che il vento andando avanti tutto il giorno non dava possibilità di vivere l’ambiente, di svolgere qualche lavoro o sopravvivere. Capita la lezione il vento del Sud venne rilasciato e da quel giorno spira un giorno sì e uno no, e solo in alcuni periodi dell’anno. Grazie al pesce-razza oggi l’uomo può cacciare e nutrirsi. Certo non è un esempio troppo felice questo mito,  per spiegare il pensiero concettuale nascosto sotto i miti, ma al soldo: la razza è un animale scaltro, essendo piatta quando si vede attaccata si sposta di sbieco mostrandosi così sottolissima e difficile da acciuffare. Chi meglio di lei poteva andare a mettere nel sacco il vento del Sud? «Il rapporto fra gemelli e perturbazioni atmosferiche è comunemente accettato in tutto il mondo», continua puoi Strauss cercando di spiegare perché gemelli e atmosfera siano annessi, quantomeno fra i miti americani (sia del nord che del sud). La questione del mito non si esaurisce però solo all’ambito dei cosidetti primitivi, e Strauss solleva il dubbio se i miti vengano prima originati in modo sparso, alla bisogna, e poi per così dire antologizzati oppure se nascono già sotto forma enciclopedica con il fine di spiegare il mondo all’uomo per come si mostra, dalla cosmogonia ai giorni nostri. Sulla Bibbia «sembra che il suo materiale grezzo fosse composto da elementi slegati, riuniti da alcuni dotti filosofi per formare una storia continua» e quindi «Che significato ha una raccolta?». Per i popoli che hanno preso in uso la scrittura pare «la storia abbia preso il posto della mitologia e adempia alla stessa funzione», ovvero mettere ordine. «Credo sia assolutamente impossibile concepire il significato senza l’ordine».

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