Lucia Rodler IL CORPO SPECCHIO DELL’ANIMA (2000)
Lucia Rodler
IL CORPO SPECCHIO DELL’ANIMA (2000)
La fisiognomica era praticata come una mantica già del XII sec a.C. dagli indovini babilonesi secondo i quali le stelle sotto cui si nasce determinano temperamento (contenuto) e volto (contenitore) di ogni uomo. L'astrologo oscillava a quei tempi fra un essere magico e uno scienziato.
Con l'avvento del cristianesimo, portatore sano del principio del libero arbitrio, la fisiognomica così deterministica poteva solo cambiare e Tommaso d'Aquino si premurò di precisare che benché gli astri intervengano nella formazione del temperamento nulla possono sulla volontà personale, che può quindi essere esercitata «nelle prime battaglie col ciel dura, poi vince tutto, se ben si notrica» come ribadito dallo stesso Dante nel suo Purgatorio.
Questo breve saggio della Rodler accenna il tutto per sommi capi, velocemente passa sopra le più antiche questione inerenti la fisiognomica, alla perfezione fisica e morale espressa dalla kalokagathia presso i greci, per iniziare realmente il racconto verso il MDCX portandolo sino ai giorni nostri.
Leggere un volto cambia con la filosofia vigente in un’epoca e coi mezzi tecnici che la suddetta epoca offre per poterlo analizzare.
Si passa perciò in rapida rassegna da l’esilarante Della fisionomia dell'huomo (1610), sei libri!, di Giambattista Della Porta (1535 – 1615) che scorge analogie fra i volti umani, il temperamento di questi ultimi e gli animali cui, capricciosamente, questo temperamento dovrebbe richiamare, ovvero: un volto allungato che nella immaginazione di Della Porta dovrebbe richiamare il muso allungato di un asino, non può che essere assegnato ad una persona «vile e stolta». I valori zoomorfi dellaportiani sono ovviamente filtrati dalla cultura dell'autore, e fa sorridere non se ne renda conto, tutto serioso com'è ad affibiare, ad incuranti e ignare bestie, desideri e valori antropocentrati. Della Porta fa pensare a un verso dello scrittore inglese Sir Thomas Browne: the world that I regard is my self.
A ritenere invece il volto non possa essere decifrato secondo valori generici applicabili disinvoltamente ad ogni uomo è Georg Christoph Lichtenberg (1742 – 1799) che conia il termine patognomica e cerca di leggere il volto come una mappa, attraversato da tutte le sofferenze o le malattie di un'esistenza. Questo nuova idea di volto è determinata quindi della esperienze di vita ed è pertanto sempre cangiante, le conclusioni che se ne traggono in un momento non valgono quando il volto cambia. Lichtenberg mette inoltre in guardia dalla funzione mimetica che alcuni uomini praticano, perché se è vero si possano trovare i tratti somatici di un temperamento questi si possono anche emulare ed esibire per le più svariate finalità.
Anticipando la Gestalt, per cui vedere significa selezionare le immagini essenziali, Charles Le Brun (1619 – 1690) primo pittore presso la corte di Luigi XIV, realizza disegni di volti assai schematici che colgono solo i tratti salienti che trasmettono una certa emozione. Ad esempio nel disegno de l'ammirazione vediamo le sopracciglia tirate molto in alto. Il volto è però polimorfico, si tenga a mente che mano mano le passioni andranno a variare le sopracciglia cambieranno forma.
La schematicità di Le Brun ispirerà Peter Camper (1722 – 1789), collezionista di teschi, che schema dopo schema, analizzando le variazioni degli angoli facciali di diverse teste da lui possedute fra scimmie e varie razze umane, offuscato dal pregiudizio di realtà che invece stava solo riproducendo attraverso il disegno diede alla luce l'ipotesi osteologica: conoscere il cervello, cioè i pensieri ivi nascosti, solo in base alla forma cranica che lo ospita secondo cui solo la variante caucasica ed asiatica erano armonica «il resto» erano degenerate. Queste – fasulle – qualità predittive della forma craniale ispirarono a loro volta Johann Kaspar Lavater (1741 - 1801) secondo cui il fisionomo era un poeta in grado di comunicare verità. Di più, ogni uomo poteva constatare da sé la circostanza, ed innamorato delle silhouettes allora in voga prova a stendere le qualità morali di quella di Goethe, di cui era amico, scorgendovi «il pensiero, la saggezza del poeta, e nella parte inferiore il poeta più che il pensatore ed il saggio». Ignoro come potesse essere preso sul serio.
Qualcuno però lo fece, fra questi Franz Joseph Gall (1758 – 1828) che rielaborò le poetiche pseudo-teorie lavateriane, studiando a suo modo la conformazione del cranio, giungendo a convincersi che il carattere umano fosse una «funzione» del cervello. Dalla formazione del cranio poteva predire di tutto, anche la propensione al furto. Si definiva uno studioso di organologia. Il suo maggiore allievo Johann Caspar Spurzheim (1776 – 1832) preferiva chiamarsi studioso di frenologia.
Quando nel 1802 il governo viennese proibì a Gall di continuare a tenere conferenze, considerandolo un pericolo per la morale e la religioni, questi assieme a Spurzheim si trasferirono a Parigi, poi deteriorati i rapporti fra maestro e allievo, quest'ultimo si trasferì – ed ebbe un enorme successo – negli Stati Uniti.
La signora Rodler pare poi disperdersi iniziando a parlare di Balzac, proponendo al soldo la visione della fisiognomica a quei tempi a livello letterario, visione che proprio attraverso la letteratura aveva la possibilità di diffondersi più dei testi per addetti ai lavori.
Preparando a concludersi con una brevissima panoramica sulla funzione sociale che la fisiognomica prendeva nei lavori Cesare Lombroso (1895 - 1909) attraverso l'elaborazione di una disciplina come la fisionomia criminale che per difendere la società dai soggetti affetti da atavismo proponeva di rinchiudere questi infelici dentro manicomi. Ne avrebbero giovato tutti quanti, infondo il delinquente è facilmente individuabile «orecchie ad ansa, capelli abbondanti, scarsa barba, seni frontali spiccati, mandibola enorme, meno quadro o sporgente, zigomi allargati, gesticolazione frequente, tipo insomma somigliante al Mongolico e qualche volta al Negroide» la sua condotta criminale è semplicemente connaturata nel suo aspetto. Non può fare altrimenti. Certo è che se ogni delinquente fosse «somigliante al Mongolico» ne dovremmo dedurre che in Mongolia devono essere tutti delinquenti. La questione era però presa seriamente da vari medici.
Il più noto caso all'epoca, nei primi del Novecento, in Italia fu quello di Augusto Tulli rispettato medico di fama nazionale, che denunziò il figlio Tullio, accusato di omicidio, riconoscendo in lui tratti fisiognomici di atavismo. Da medico non vedeva in lui un colpevole ma un malato, bisognoso di cure, cui certo un soggiorno in manicomio non avrebbe mancato di somministrare.
La novità del dagherrotipo poneva in nuce la possibilità di superare i modelli Le Brun e di Lavater basati su disegni così il fotografo Paolo Mantegazza (1831 – 1909) compendia un Atlante delle espressioni del dolore (1876) con l'aiuto di un certo Giacomo Brogi e di altri intenti a farsi fotografare in tutte le espressioni facciali possibili. L'effetto è caricaturale. Mantegazza ritiene che l'espressione che accompagna «l'amor proprio offeso» sia analoga al «dolore intellettuale». Questi scatti sono conservati presso il Museo Nazionale di Antropologia e Etnologia di Firenze.
Il testo chiude con la visione della fisiognomica nel Novecento del secondo dopo guerra, in cui sono venuti meno i medici e professionisti della materia considerata oramai sorpassata. La Rodler lascia perciò davvero la parola a vari intellettuali e letterati, fra cui Pier Paolo Pasolini (1922 – 1975) secondo cui nella società dell'omologazione culturale il corpo risulterebbe interscambiabile e i giovani, sedotti/che si lasciano sedurre dai vari clichè delle pubblicità, sono colpevoli del processo di azzeramento fisiognomico.
Più incisiva la visione di Norbert Elias (1890 – 1990) che analizzando
Le immagini cangianti delle star parla di autonormalizzazione come un nuovo, drammatico, processo comportamentale. Una figura che nasce a livello di Lowbrow per imporsi come regola di imitazione agli strati dell'élite.
Accantonate le speranze di poter leggere una persona, la sua indole e le sue intenzioni, con un solo colpo d'occhio solo guardandole il volto o la testa non ci resta che richiamarci al motto latino fronti nulla fides.
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