Antonio Rezza SON[N]O (2012)
Antonio Rezza
SON[N]O (2012)
Non m’aggrada il modo in cui si ricorre alle parentesi per cercare in una parola un’altra. È un pessimo calambour, tuttavia è con questo che Rezza si presenta nelle vesti di scrittore.
Per ottenere la capienza di un libro è aiutato da un ulteriore espediente tipografico: sono scritte solo le pagine sul fronte e non sul retro. È un po’ come se per fare un lungometraggio avesse presentato un film continuamente intervallato da silenzi (ed è questa l’occasione per ammettere che il suo Delitti sul Po, del 2002, si muoveva effettivamente già in questa direzione). Potreste leggerlo imbambolati sul letto lasciandovi scorrere accanto le pagine bianche senza grandi contorsioni da lettura pre-notturna scomposta. Le pagine inoltre non sono fitte, hanno cornici di testo come se contenessero una poesiuola. Questo è Son[n]o, col suo giochetto anticipato dal titolo, e dentro contiene una favola: c’è un tale Anto — e sono certo Rezza andrebbe in escandescenza se qualcuno insinuasse non fosse che il suo alter ego malcelato nella riduzione del suo nome — a cui riesce bene solo una cosa: dormire. A casa sua si presenta un insonne che lo implora di insegnare a lui che ne è privo, come si dorme. Anto rifiuta ritenendosi ancora impreparato per insegnare la grande arte del dormire, e parte per meglio specializzarsi da un tale guru del sonno che ha oramai gli occhi cuciti. Durante il tragitto, e più precisamente nel suo ritorno, incontrerà una ragazza che dorme con una grazia infinita, da anni. Forse secoli. Morale: e vissero felici e contenti, anzi più precisamente vissero dormendo uno accanto all’altro. Perché il segreto di un buon sonno è avere accanto il sonno di una bella ragazza. Confermo.
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