Michael Critchton, Il mondo perduto (1995)
Secondo e ultimo atto della serie iniziata con Jurassik Park. Sei enfante-prodige capitano, chi per scelta chi per curiosità, su un'isola piena di dinosauri. Critchon per dare una parvenza di verosimiglianza ai dialoghi, sempre ricchi di dettagli e spiegazioni scolaresche, inserisce nel quartetto due ragazzini che non solo tengono testa alla situazione ma si rivelano fondamentali per la salvezza di tutti. Un ingegnere con una voglia di vivere inusitata, un tuttologo pieno di soldi, dal carattere rigorosamente meschino, un matematico denso di humor nero e un'etologa coraggiosissima che un tempo attraversò a piedi la savana scacciando i leoni semplicemente con delle pietre, sono i protagonisti - oltre ai succitati ragazzini - a cui si aggiunge, ma senza ingrassare le fila dei reali protagonisti, un altro ingegnere che si limita a fare il manovale, ma dal cuore d'oro, che non ha mai terminato il ciclo di studi e forse per questo, come nei più blasonati horror anni Ottanta, predestinato a morire a cagion dei suoi peccati morali, in questo caso l'accidia. La sua funzione narrativa si consuma con la sua morte. Ci sono poi i cattivi, un manipolo di pasticcioni in cerca della fortuna economica che potrebbero ottenere grazie ai dinosauri, e che pedinano i protagonisti. La loro perfidia è commisurata alla loro capacità di ficcarsi nei guai, più che uomini reali capaci di incidere sulla loro vita e sulla realtà in cui si muovono sembrano ladri di natale di commedie per grandi e piccini. Sono ovviamente capitanati da uno spregevole Dogston - l'unico personaggio oltre al matematico Ian ad essere ripreso dal primo atto - un impulsivo uomo di affari che porterà tutta la sua ciurma verso il disastro, e per un attimo attaccherà, con la sua presenza sull'isola, la fortuna dei nostri protagonisti. Perse le spesse venature intelligenti del primo volume di quello che non immaginava di dover trasformarsi in una saga, questo secondo è fin da subito un susseguirsi di colpi di scena. Adesso è tutto doppio: c'è una seconda isola, clone della prima ma finora tenuta nascosta, e ci sono ben due tirannosauri. Non basta però aumentare il dosaggio per farne un secondo capolavoro. Resta invece una piacevole lettura il cui gusto sta tutto nella ri-lettura, nel bis, nel sentirsi raccontare ancora una volta (seppur con una angolazione leggermente diversa) quella avvincente storia di un'azienda di biotecnologie, la InGen, che riesce a ridare vita ai dinosauri. Il testo, adesso nell'immaginario collettivo indissolubilmente legato alle immagini realizzate da Spielberg, cerca di sorprendere il lettore smontando le piccole certezze apprese al cinema. Avevate appreso, inchiodati alla poltrona, che i t-rex hanno vista pari a quella di una rana e che "non ci vedono se non ci muoviamo"? La prima testa che salterà nel volume sarà commentata dal personaggio di Ian Malcom, col suo solito distacco, "vittima di credenze sbagliate". Il finale in sordina poi, che tristemente prova far rivivere in prima persona al lettore l'avvincente fuga dai velociraptor (la scena del primo film in cui bisogna comprendere come funziona il programma di un computer della InGen per salvarsi dall'imminente attacco dei carnivori) proponendo persino graficamente le immagini di quanto visibile sul monitor. Ma anche in questo caso, non andrà come ricordiamo - in una goduriosa lettura per cui passato e presente del racconto testuale e richiami alla pellicola hollywoodiana si confondono - e improvvisamente verrà scoperto, rigorosamente da uno dei ragazzini, che c'è un passaggio segreto sotterraneo. Il finale in sordina ricorda però quello delle pellicole di serie Z, spesso terminanti in modo tronco per esaurimento del budget (tipo il triste e misconosciuto Carnosaur, diretto nel 1993 dall'improvvisato regista Adam Simon, tanto per rimanere in tema di dinosauri). Le ultimissime pagine mostrano un Critchon in carenza di idee, perché in qualche modo questa storia doveva pur finire.
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